Retail marketing: l’attività di sales promotion svolta dalle imprese di distribuzione commerciale nei confronti degli acquirenti finali per incrementare il sell-out di punto vendita, ossia per facilitare l’uscita della merce dai negozi.

Il retail marketing è il marketing praticato dal retailer. Il retailer è il dettagliante, ossia l’azienda operante nel dettaglio (retail) che vende direttamente al consumatore finale attraverso uno o più punti vendita. Si suole distinguere tra: retailer indipendenti (negozi multimarca indipendenti), department store (grandi magazzini), negozi in franchising con i proprietari indipendenti e catene di negozi (v. GDO). L’attività di vendita al dettaglio (retailing) può essere effettuata anche mediante negozi online (v. e-commerce).

Il retail marketing si pone l’obiettivo di stimolare ed orientare il comportamento d’acquisto dei consumatori in modo da aumentare il sell-out di punto vendita e di creare al contempo valore per il cliente per differenziare l’offerta e stimolare la fedeltà all’insegna (store loyalty). Esso svolge, pertanto, un ruolo fondamentale nella strategia gestionale dell’impresa dettagliante, qualificandone la formula commerciale e il posizionamento sul mercato, nonché interpretando e orientando i bisogni del consumatore.

Il posizionamento del punto vendita (retail positioning) consiste nell’identificazione di un segmento di mercato non servito o sottoservito e nella sua copertura attraverso una strategia capace di creare un differenziale competitivo stabile nei confronti dei concorrenti.

Il retail marketing mix può essere inteso come l’utilizzo congiunto ed armonico delle leve di marketing a disposizione del retailer per il punto di vendita e nel punto di vendita. È l’equivalente del marketing mix dell’industria. Se il produttore, tuttavia, si pone come obiettivo prioritario di marketing lo sviluppo della brand loyalty, il distributore persegue la store loyalty.

Le principali leve del retail marketing mix

L’obiettivo dell’aumento del sell out e, più in generale, della redditività del punto vendita, può essere ottenuto agendo su diverse leve operative. Fra le principali leve del retail mix si possono annoverare: l’assortimento dei punti vendita, l’offerta di marche commerciali; la definizione dei prezzi, le forme promozionali e il merchandising dei punti vendita.

1) Assortimento dei punti vendita. L’assortimento assume un ruolo centrale per l’esistenza e lo sviluppo dell’impresa distributiva e può considerarsi come la variabile del retail mix che si pone a monte delle altre e che maggiormente incide sull’immagine e sul posizionamento del punto vendita. Premessa necessaria ma non sufficiente, per il successo di mercato dell’impresa è infatti quella di avere un’offerta costantemente in sintonia con le esigenze dei consumatori. Si parla specificatamente di product mix per indicare la combinazione dei prodotti offerti dall’impresa; la sua ottimizzazione coinvolge decisioni riguardanti sia la gestione e il controllo dei prodotti esistenti sia decisioni riguardanti il portafoglio, cioè quali prodotti dovrebbero far parte nell’offerta dell’impresa. Il product mix delle imprese di distribuzione commerciale risponde alla necessità di assicurare un corretto equilibrio tra un’offerta di base rivolta ad una clientela indifferenziata, che ha il ruolo di concorrere ad aumentare il fatturato aziendale e il traffico di punto vendita, e un’offerta invece rivolta a un target di consumatori maggiormente specifico e realmente responsabile dei margini economici aziendali.

Un approccio sempre più diffuso nella gestione dell’assortimento è il category management. Il Category Management è un modello di gestione basato su categorie di prodotto come unità strategica di business. Il category manager si assume la responsabilità della gestione operativa di tutti i prodotti (complementari e succedanei) utili alla soddisfazione di un certo bisogno di consumo, con l’obiettivo di aumentare le vendite della categoria. La definizione della categoria, pertanto, non avviene in funzione del criterio merceologico, ma secondo i bisogni della clientela dell’insegna e il comportamento di acquisto. Per esempio, in un ipermercato potrebbe esserci un category manager responsabile della categoria vini che si preoccuperà non solo dell’assortimento di vino, ma anche dei prodotti collegati: cavatappi, calici da degustazione, decanter ecc.

2) Marca commerciale. Rispetto alla disponibilità di prodotti di marca in assortimento, il distributore mira a ridurre il livello di dipendenza dall’industria attraverso un’ampia selezione di marche, incluse le marche commerciali, nel tentativo di trasferire la fedeltà sviluppata dai consumatori nei confronti del solo servizio anche a un certo numero di prodotti che portano il nome dell’insegna. Le catene della grande distribuzione (GDO) si avvalgono delle marche commerciali per: ampliare l’offerta merceologica con un ampio ventaglio di brand; per migliorare l’immagine del punto vendita, generalmente, in termini di profondità di assortimento e di convenienza; in un’ottica di fidelizzazione della clientela, l’offerta di marche commerciali può riguardare non soltanto linee connotate con l’offerta dei prodotti più convenienti in ogni categoria (i c.d. primi prezzi), ma essere estesa anche a linee che identificano beni più complessi, per prezzo paragonabili ai c.d. premium price che caratterizzano i prodotti di marche note.

3) Politica di prezzo. Nello stabilire i prezzi dei prodotti l’impresa commerciale deve decidere il margine o la percentuale di ricarico da applicare (mark-up) e l’entità e la tempistica delle offerte promozionali (mark-down). Per la definizione dei prezzi, in genere, ci si avvale di un sistema di target pricing, stimando il prezzo che il segmento di mercato al quale il prodotto è rivolto sarà disposto a pagare. Chiaramente la politica di prezzo va sviluppata tenendo conto dei fattori che limitano la possibilità di decidere liberamente il prezzo; così, i costi totali di acquisto rappresentano il limite inferiore, mentre il limite superiore è dato dall’elasticità della curva di domanda.

4) Merchandising. Tradizionalmente attiene alle decisioni che riguardano l’ottimizzazione dello spazio espositivo agendo sul layout esterno (l’insegna, l’ingresso e le vetrine) e su quello interno (layout delle attrezzature e layout merceologico) per aumentare il traffico e il sell-out di punto vendita. Il merchandising, inoltre, assolve anche a una funzione di comunicazione, tentando di indurre un particolare atteggiamento nei confronti del prodotto: il presupposto di tale attività è costituito dal fatto che l’acquisto di un prodotto o la scelta di una marca sono spesso decisi dal consumatore direttamente al momento dell’acquisto, presso il punto di vendita.

5) In-store promotion e materiali POP (point of purchase). In termini generali, la comunicazione sul punto vendita, oltre a contribuire al conseguimento degli obiettivi di vendita, svolge una fondamentale funzione di differenziazione dell’insegna e di creazione dell’immagine del punto vendita stesso. L’attività di sales promotion sul punto vendita, spesso frutto di un’iniziativa congiunta tra produttore e distributore, è propriamente detta in-store promotion. Si caratterizza per il fatto di conferire un valore addizionale e provvisorio a determinate marche e prodotti al fine di favorirne la vendita. Nelle operazioni promozionali sul punto vendita, tradizionalmente, si aumenta la convenienza attraverso una riduzione di prezzo e/o un aumento della quantità (ad esempio, il classico buono sconto), oppure si produce esperienza attraverso la diffusione del prodotto e un aumento delle occasioni d’incontro del prodotto per il consumatore (ad esempio, il sampling o le dimostrazioni di prodotto). Rientra nell’attività di in-store promotion, pertanto, l’allestimento di aree dedicate all’interno del punto vendita, che, in alcuni casi, arriva a configurarsi come un vero e proprio evento interno destinato a destare sorpresa e attrarre l’interesse nel consumatore.

I materiali POP veicolano le comunicazioni nel punto vendita; forniscono alla clientela elementi informativi e/o d’immagine relativi ai prodotti presenti all’interno del punto vendita. A tal fine, l’impresa può utilizzare cartellonistica promozionale mirata (ad es. locandine e cartelli da banco), oppure può evidenziare il prodotto direttamente sullo scaffale, facendo uso di espositori-vetrine o di segnaprezzi differenziati rispetto a quelli normalmente utilizzati per evidenziare particolari offerte promozionali.

 

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